Le cinque ragioni che frenano gli investimenti stranieri nel turismo

di Lavoro Turismo

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6/3/2024

| Notizie

 

Tratto da un post di Raffaello Zanini, fondatore del portale Planethotel.net. Laureato in urbanistica, assiste gli investitori del settore turistico alberghiero con studi di fattibilità, consulenza ai progettisti, selezione di opportunità.

Twitter @PLANETHOTEL_NET

 

Come previsto ad inizio d’anno, il 2019 non sarà un anno da ricordare per il turismo: molte le cause che hanno remato contro, in primis il tempo meteorologico, poi la Brexit, poi il rallentamento della Germania e del resto d’Europa, poi l’incertezza economica in Italia, e – ultimo ma non ultimo – la ripresa delle destinazioni mare nel Mediterraneo. Salvo il meteo, tutto il resto era abbondantemente prevedibile, e a fine d’anno invece di un più avremo un piccolo meno nelle statistiche nazionali (a proposito, quali?).


Ora mettiamoci nei panni di un investitore con una buona capacità di investimento, come ve ne sono molti nel mondo, e che cerchi di acquistare qualche hotel in un’ottica di medio lungo periodo.

Da un lato il nostro investitore considera l’opportunità Italia perché è un “top in mind” del turismo mondiale (tutti, ci dicono le statistiche, ci vorrebbero venire), e contemporaneamente presenta dei prezzi di acquisto degli hotel molto competitivi, dall’altro lato però viene frenato da una serie di aspetti che chiunque dei suoi consulenti gli presenta come “problemi”.


Proviamo a vedere quali gli sembrano più urgenti e limitanti la sua scelta, e capire alla fine come si orienta.


1. Il primo passo è scegliere dove investire e su quale tipo di prodotto, infatti gli è subito chiaro che in Italia vi sono zone turistiche sovraffollate e zone invece poco frequentate.
Non prendono in considerazione zone bellissime ma troppo stagionali perché non sono attrattive per lunghi periodi dell’anno, ritardando di molto il momento in cui l’investimento si sarà ripagato.

2. Legato a questo il nostro investitore considera l’overtourism, favorito da una regolamentazione ancora poco efficace del fenomeno del BnB.
Nei centri storici di alcune città (come, Firenze, Roma, Milano, Napoli, ad esempio) interi palazzi vengono convertiti in BnB: fino a quando la questione degli affitti brevi non verrà regolata in modo stabile e definitivo, chi investe in hotel rischia di non poter ottenere i profitti previsti dal piano di investimento, perché un’attività poco normata che sfugge facilmente al fisco può fare una concorrenza sleale ad una attività molto controllata come quella alberghiera.

3. Una terza valutazione riguarda le norme urbanistiche ed edilizie, che regolano la costruzione e ristrutturazione degli hotel.
Normalmente uno straniero che fa un investimento importante (fondo, società…) non vuole fare nulla di sconveniente, o illegittimo, e questo porta a limitare le opportunità di intervento dei pochi sviluppatori stranieri interessati all’Italia.

4. Un altro tema riguarda il sud, dove sono pochissimi a voler investire, nonostante le molte facilitazioni disponibili: qui il peso della burocrazia viene moltiplicato rispetto al nord e a questo si aggiunge la presenza endemica di forme di malavita organizzata. A tutto questo si aggiunga la questione infrastrutturale, che al sud è molto più grave che al nord.

5. Infine, sia in Sicilia che in Trentino, sia in Veneto che in Puglia, è molto forte il problema del personale, che a sua volta risente della stagionalità del lavoro nel turismo, la precarietà, le condizioni di lavoro e di vita. Lavorare nel turismo in molte zone d’Italia non è una professione ma un ripiego, per personale, soprattutto femminile, che non trova altra occupazione, con scarsa conoscenza delle lingue e delle regole di accoglienza. Per avere personale qualificato si dovrebbe importarlo da altre zone d’Italia con costi crescenti motivati solo da attività molto redditizie.

 

Una conseguenza poco valutata della limitatezza di investimenti nel turismo in Italia, è che anche in questo settore si fa poca ricerca e poca innovazione. Questo si riflette sui (pochi) nuovi posti di lavoro, sulla limitata produttività e sul futuro incerto.

 

Leggi l'articolo completo su Econopoly - Il Sole 24 Ore

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